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venerdì 24 giugno 2011

Non fatemi ridere!

E' sempre un affare di cuore la vita: questa scena tragica, in cui si rappresentano sogni e dolori. In cui chi sta bene ora non pensa al dolore di domani. Dolore che caratterizzerà certamente il vissuto di domani: basta guardare dentro la vita di tutti gli uomini, costellata di bene e di male. "La felicità si può verificare dopo la morte" è l'assunto di Solone.
La vita non risparmia la tragedia. La morte la celebra.
Si muore pur restando vivi, che è peggio della fine. Si muore quando non si ha voce per gioire, per urlare, per respirare. Si muore quando respirando si soffoca.
Diciamo sempre di sì. "Sì, sì, sì e sì!" Almeno ci si illude di essere. Di essere ed essere vivi.
Almeno ci si illude di non essere. Di non essere e non essere vivi. Almeno ci si illude di morire e non esserci. Più.
E' tragico il lamento dell'attore che parlando muore, che ridendo muore, che morendo respira. E' tragico il pianto di chi in fondo è una brava persona. Io non so condannare i colpevoli, perché non li so riconoscere.
Il pianto di Lele Mora è dolore, che non avrebbe mai immaginato di dover patire se anche gli fosse stato detto quando godeva della sua posizione.
Anche Berlusconi mi sembra che abbia pianto: non ricordo se di dolore o tanto per ridere.
Cosa sarà di questa Italia quando non verrà più allietata del pianto di questi grandi uomini?
E' triste l'immagine.
Si fa tanto per ridere.
Eppure Benigni fa piangere. Io non ricordo, ma ha pianto anche lui in qualche allegra occasione. Tanto era per ridere.
A me non fa ridere chi cerca un lavoro adeguato e non lo trova. Mi fa morire questa condizione. A me non fanno ridere i poveri dell'Africa, che siano bambini o vecchi aggrediti da sciami di mosche che ne consumano sangue e carne. Mi fanno morire queste immagini. A me non fanno ridere le trasmissioni televive coi comici che parlano con l'accento del Sud. Mi fa morire questa farsa. A me non fa ridere quel film che parla del Sud e del Nord, con le battute copiate dall'originale francese. Mi fa morire anche questa voglia di ridere per nulla che abbia senso. La bellezza non fa ridere. Neanche fa morire. La bellezza è l'essere stesso.
A me non fa morire la bellezza. La bellezza mi fa vivere. La bellezza la ritrovo in certi che fanno morire. Littizzetto non mi fa ridere, neanche mi fa morire. A me fa morire chi accumula soldi senza far niente per cambiare le sorti di chi muore per qualche male di cui non ha colpe. A me fa ridere la generosità di Berlusconi. Mi fanno ridere anche le sue barzellette o le sue storie d'amore. A me non fanno ridere le barzellette, le detesto.
C'era un pazzo che girava anni fa nei pressi dell'Università di Milano, che urlava e imprecava contoro il cielo, con le braccia graffiate e insanguinate sollevate prepotentemente verso il blu, quando il cielo era bello in primavera: "Statemi alla larga! Non vi sopporto! Potrei commettere una pazzia grave!" Restava immobile a fissare lo zenit. A me, che allora ero appena un ragazzo pieno di gentilezza, non faceva ridere, neanche mi faceva dubitare sul futuro e neanche avevo dubbi sul presente. Avevo dubbi su di lui, allora che ero solo un ragazzo pieno di speranze. Adesso ho dubbi su quanti mi fanno ridere.  Di quanti mi lasciano indifferenti  non mi occupo. Mi occupo di chi ha bisogno di me ora che non sono più un ragazzo nonostante mi sia rimasta quella gentilezza, che debbo ritenere sia connaturata alla mia essenza.

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