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mercoledì 27 luglio 2011

Amy Winehouse: una preghiera.

Prima non fa niente. Prima accusa, questo mondo di persone tese a salvare se stesse. Ma non si salvano, perché le loro vite sono vuote. La morte di Amy è una ferita al cuore. E' la stessa ferita che ha procurato la morte di Jimy Hendrix, quella di Jim Morrison, di Pantani, di un suicida di vent'anni, e adesso di Amy Winehouse. Bisogna pregare e portarsi la ferita nel petto, perché la morte è la verità di tutti, anche dei vivi.
Sconvolge la morte prematura di una ragazza così bella, così fragile, così bisognosa di umanità intorno che la coccolasse, che la suggerisse. Un'umanità che non c'è stata. Perché non c'è. C'è un'umanità di guardoni che gode dello spettacolo della morte, non sapendo che quella morte è il pianto in cui sprofondare.
Solo qualche mese fa la notizia della sospensione del concerto a Belgrado. E poi la morte. La morte del mondo. Ad Amy una preghiera, un sorriso. Anche se dopo non serve che il pianto. E' un mondo che atterrisce. Un mondo di silenzio da the day after. Il rimpianto di essere soli. Il sacrificio a cui bisogna assistere, E' la crisi della coscienza che segna il tempo più di altre crisi. Addio, Amy, resta il ricordo di te.

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