“L’indignazione è
termine spregiativo, infatti viene usato per indicare il ricorso a un eccesso
di moto rabbioso, uno scatto d’ira, una reazione scomposta. Nel suo significato
etimologico si può facilmente riconoscere radicata l’idea di una perdita di
decoro, di dignità… Di conseguenza non è certo auspicabile nell’uomo una
condizione di questo tipo… Un disagio con questa valenza lo riporta a una
condizione di degrado zoospecifico, da cui si è evoluto per milioni di anni
grazie all’intervento di complicate determinazioni filogenetiche… La storia
dell’uomo e storia di conquiste personali… Nel suo insieme l’umanità è sempre
stata una gabbia, una sconfitta e un anancasma per il genio umano (espressione
dell’essenza intima dell’essere uomo). Anancasma è sostantivo interessante, non
trova? In poesia lo usa Zanzotto! Lo conosce?”
“Zanzotto o
anancasma?”
“Glie l’ho già detto
che è pietoso, no?!” [ndr. si rimanda al
post di questo stesso blog La fine delle guerre].
Lo guardo con malinconia.
Scatta nella voce, con
un sibilo trattenuto in gola. “E’ risentito?” chiede, con un sorriso
deformante. Ride immediatamente dopo.
Attendo pazientemente.
“Anche il risentimento
è un tornare indietro, sa?” domanda retoricamente, con una serenità energica
nel respiro recuperato. “E’ tornare a sentire qualcosa di intimo che si era già
avvertito, qualcosa di già conosciuto… Normalmente il risentimento sfocia nella
perdita di virtù, se preferisce qualità… Non è un aiuto per la memoria, è una perdita
di memoria… Il risentimento annebbia (obnubila), acceca, offusca… Svuota di
sentimenti, rende aridi e ostili… Intacca la ragione, lo spirito umano che
tende alla grazia dello Spirito Universale…” si interrompe. Con una curiosità
penetrante, mi domanda: “Vuole chiedermi qualcosa?”
“No. La sto
ascoltando.”
“Bravo…” respira, nel
naso. “Riprendiamo dalla contemporaneità
degli eventi… Evento è un altro termine in uso in questi anni di dimenticanza.
Soprattutto sui siti dei cantanti o sui giornali che raccontano la vita di
quartiere lo si può trovare perfino scritto in inglese: events…” Fa un gesto di insignificanza. “Il bisogno di incitare
all’indignazione, per altro verso, rappresenta un’evidente proiezione esteriore
della perdita di volontà, proprietà poietca dell’essere…” fa un segno di
rinuncia o di omissione di qualche significato che rimugina in testa,
vanificando nello sguardo. “Una realtà sociale popolosa di Insoddisfatti e
dormienti dediti a giochi di società nutrono a poco a poco un grave malessere
subdolo e profondo, una grave inquietudine che anziché ri-sollevarli li soffoca
e li spossa… Trovando urgente di porre sé stessi anche davanti alla grave crisi
per una moltitudine di giovani senza lavoro, delle difficoltà delle famiglie,
della mancanza di attenzione e cura per la bellezza e la gentilezza verso le
donne, confidano in un migliore avvenire che li comprenda, nel senso che tenga
conto soprattutto della loro presenza… L’indignazione di Stephane Hessel,
l’intellettuale francese scomparso recentemente a 95 anni, che ha richiamato al
recupero del termine, è invito alla presenza attiva di ogni uomo, generando
un’ulteriore specializzazione del processo evolutivo… Non è un invito a cercare
la perdita di dignità… La dignità si perde ogni qualvolta si rinuncia alla
specificità… Si perde quando si vive come ombre, sottomessi a un sistema, che
crea fantasmi senza voce ma anche quando
si è mostri roboanti… L’invito all’indignazione non è invito alla perdita della
ragionevolezza, del respiro pacato, della capacità di riconoscimento di chi è
diverso da sé… L’invito all’indignazione è richiesta di umanità che non cede
verso l’impulso a non-essere e non richiama nello stesso tempo al fuoco della
caverna… Ho visto uomini urlare e fremere come dei posseduti, in preda alle
convulsioni, bestemmiare e scagliarsi contro altri uomini perché gli sono
passati davanti con la macchina al casello autostradale in una giornata di
esodo estivo… Certamente la calura e le lunghe code hanno avuto un ruolo di
grande influenza sull’indignazione di quei mostri… Ho sentito affievolirsi la
voce di un uomo in difficoltà che chiedeva inutilmente a dei carabinieri che lo
tenevano stretto con la faccia per terra, provando anche con dei calci nel
costato, di lasciarlo respirare perché
lo stavano uccidendo… Ho visto il fratello e il padre di questo ragazzo chiedere
giustizia in un programma televisivo, con il pianto agli occhi, l’ansia per una
solitudine insopportabile… Ho udito lamentarsi conduttori televisivi contro i
tagli ai loro salari praticati dal governo
Renzi… Li ho visti sorridere in un’occasione successiva quando La 7 li
ha assunti con la promessa di un salario più alto di quello precedente… Ho
guardato la foto che Mentana ha scattato a un suo collega transfuga di testata
(chissà che cosa testano?) che lo ha
ritratto nel suo momento di massimo gaudio: “Solo lui è contento!”. Non ho
visto indignarsi nessuno della categoria e reclamare per l’eccessivo salario,
neanche si sono mai sognati di indignarsi per pretendere di ricevere un salario
più basso… Perché questa sarebbe la vera indignazione, quella proposta da
Hessel: la spinta verso la democrazia… Indignazione democratica che si attua
anche attraverso una parità di salario, favorendo i giovani, i pensionati, i
cassintegrati e consentire loro di recuperare decoro e dignità...
L’indignazione sfigura i volti dei conduttori televisivi quando dovrebbero
gioire invece, secondo i sentimenti di Hessel, per la riduzione democratica dei
loro guadagni… Giovanni Floris mostra notevolmente la caratteristica di
sfigurare il volto quando esprime un qualsivoglia sentimento, che sorrida e si
compiaccia con e verso qualcuno, oppure che con questi sviluppi un dibattito e
un confronto… Con il presidente Renzi che anticipava la sua riduzione di
salario, l’indignazione del conduttore è stata visibile nel volto deformato,
nella stretta dei denti, nell’agitazione dello sguardo, nella respirazione
convulsa… Molti cronisti, invece, sfigurano il volto e si indignano perché
Berlusconi è stato assolto nel processo Ruby; che rappresenta nella loro
visione democratica il vero insuccesso del progresso dell’Italia e dell’umanità
intera verso la democrazia… Ci sono indignati che non si possono guardare tanto
sfigurati appaiono nel volto… Gad Lerner è certamente in testa alla classifica di chi
indignandosi e trasfigurando arriva a prendere sembianze totalmente diverse
dalle sue quando è rilassato e sereno… Michele Santoro è il più pacato e felice
da un po’ di tempo a questa parte,
probabilmente teme di trasfigurare nell’effige di Sgarbi o di Beppe Grillo: lo
dice apertamente che certi modi non li concepisce, pur mandandoli in onda, probabilmente
con la volontà intima di studiare le loro mosse…”
“Mi sembra che Lei
ritorni sempre sugli stessi argomenti e sugli stessi personaggi.”
“Le dispiace? Vuole
che parli di guerre? O forse preferisce la poesia e addirittura la storia o la botanica?”
“Non voglio proprio
niente, le facevo notare che ritorna su vecchi argomenti!”
“Sono quelli che fanno
indignare più di tutto, dal mio punto di vista! Mi indigna la falsa
indignazione di chi dovrebbe sentirsi già privilegiato perché può parlare alla
gente, anche a chi la pensa diversamente da loro… Parlare a qualcuno è sempre
un confronto… Parlare contro qualcuno è non parlare, è fingere di parlare: è
indignarsi con un peso sullo stomaco che dovrebbe recare indigestione fino allo
spasimo… L’indignazione di Hessel voleva essere grido per la gente che soffre
la crisi della società, con le sue istituzioni… Giornali e tv, sono comprese
nelle istituzioni… [Evitiamo la retorica dei significati, perché è nota
l’estensione semantica di certi termini]. L’indignazione democratica parte da sé, in
maniera critica, rigorosa, obiettiva… Verificando le nostre colpe prima che
quelle degli altri, riconoscendo verità che conducano all’esaltazione o alla
vergogna… Veda, se io guadagnassi in un anno un milione di euro, la quinta
parte la rifiuterei a favore di chi è cassintegrato, di chi è senza lavoro, dei
pensionati che frugano tra i rifiuti di un mercato alimentare di quartiere… Se
non facessi questo mi vergognerei! Con i duecentomila euro rimanenti sarei
democraticamente e civilmente persona, avrei uno sguardo non deformante, avrei
un sorriso non deformante, il cuore non deformante, ma aperto e vigile alla dimensione
dell’umanità a me prossima! L’indignazione di Hessel è invito alla gentilezza,
all’educazione, al rispetto, alla volontà, alla sofferenza necessaria, alla
critica dei propri comportamenti, alla tolleranza, all’accoglienza, alla
capacità dei cambiamenti, alla totalità, alle differenze, alla specificità, al
rinnovamento, all’elevazione spirituale, all’elevazione morale, alla
partecipazione politica… A tante altre cose simili a queste…”
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